Abituati come siamo ad assecondare quell’inclinazione attualissima a raccontare selettivamente, delle nostre giornate e del nostro tempo, tutto ciò che ci sembra non funzionare (o funzionare male), a volte tralasciamo di segnalare tutto quello che invece – pure in contesti con risaputi limiti e condizionamenti ambientali: in Calabria – funziona molto bene. Nella settimana scorsa il ricovero urgente di un mio parente stretto nel reparto di pediatria dell’ospedale civile “Annunziata” di Cosenza mi ha dato la possibilità di arricchire di particolari la descrizione di una struttura pubblica spesso citata dai media locali (e a volte anche da quelli nazionali) in relazione a obiettive carenze strutturali e operative, o a casi più o meno frequenti di inefficienze e inadeguatezze da parte del personale che ci lavora dentro.
Una cosa che mi è certamente sembrata funzionare bene, nel reparto di pediatria dell’ospedale di Cosenza, è un’associazione formata da volontari – giocolieri, clown, ragazzi e ragazze dai “camici colorati” – il cui lavoro di intrattenimento e divertimento occupa una parte breve ma fondamentale del tempo dei giovani e giovanissimi pazienti del reparto, e dei loro genitori e familiari. Tramite donazioni e altre forme di finanziamento l’associazione si occupa, tra le altre cose: della formazione degli operatori; di fornire le stanze del reparto di pediatria ed emato-oncologia pediatrica di lettori dvd, giochi e altro materiale; dell’accoglienza dei familiari dei pazienti, se necessaria, in alloggi provvisori.
Sono persone come tante, non professionisti, che vogliono rendersi utili in questo modo e che nelle loro vite fanno evidentemente anche altro. Persone “comuni”, verrebbe da definirle, ma che una diffusa tendenza meridionale a non dare niente per scontato, a non aspettarci niente dagli altri, finisce per fare apparire come persone fuori dal comune, straordinarie.
Sono a loro grato di aver interpretato, in un modo così facile e naturale, una parte che il mio ruolo di parente molto stretto – vale a dire, all’occorrenza, di “sbirro cattivo” – mi impediva di ricoprire: quella di chi è lì soltanto per il divertimento dei bambini, lì a rendere migliore la loro giornata in modi che siano immediatamente comprensibili anche a quei bambini. Perché gli strumenti cognitivi per capire la necessità di tutto il resto – le cure, le piccole e grandi violenze quotidiane necessarie a tenerli fermi, mentre strillano e piangono – probabilmente a uno o due anni non li hai ancora, e deve proprio sembrarti tutto un susseguirsi illogico e perfido di tenerezze e dispetti. Tutto tranne quei camici colorati, che invece portano solo cose belle.
E quindi grazie, camici colorati.
(Qui sono spiegati tutti i modi per sostenere l’associazione o donare qualcosa).